Ricerca scientifica, pochi sono gli italiani a darne importanza
Da Redazione
Marzo 15, 2018
Gli italiani danno poco valore alla ricerca scientifica e ai farmaci innovativi. Anzi pare che solo il 29% ci tenga alla ricerca come strumento prioritario sul quale si dovrebbero concentrare gli sforzi del Servizio sanitario nazionale.
Per di più, appena l’8% considera una priorità garantire l’accesso ai farmaci innovativi in tempi rapidi.
Ricerca scientifica poco importante i dati raccolti
Sono questi alcuni dati raccolti con una indagine svolta da Istituto Piepoli e presentata a ‘Inventing for Life – Health Summit’, svoltosi a Roma da Msd Italia all’Auditorium di Confindustria.
Stefano Vella, presidente dell’Agenzia Italiana del farmaco ha dichiarato che “L’attenzione verso il cancro è grande, perché è una malattia che fa molta paura. Oggi ci sono delle novità, sia farmacologiche sia culturali, perché abbiamo capito meglio come affrontarlo, in modo diverso rispetto al passato. Dobbiamo investire in ricerca, capire il motivo delle malattie, e lo possiamo fare attraverso una sinergia trasparente tra pubblico e industria farmaceutica”.
Dall’indagine è emerso anche che un italiano su due non sa cosa sia l’antibiotico-resistenza, solo il 32% lo considera un problema molto preoccupante, a fronte di un 86% che vede nelle infezioni ospedaliere un’emergenza di sanità pubblica.
Ricerca e italiani, la preoccupazione maggiore viene data dal cancro
Per gli intervistati la patologia che ha un costo maggiore è il cancro, 66%, contro il diabete per il 18% e le malattie cardiovascolari per il 19%.
La cosa preoccupante è che dall’indagine è emerso anche come il cancro sia considerato il “nemico numero 1” dagli italiani: il 72% considera infatti i tumori la sfida assoluta per la sanità pubblica, mentre sottovaluta l’impatto di patologie come il diabete, malattie infettive e prevenzione vaccinale (2%).
Il 39% degli intervistati,infatti, ritiene che i pazienti non siano ben ascoltati e considerati nelle decisioni del Ssn e l’84% pensa che l’offerta di servizi sanitari in Italia non sia un’attività svolta in maniera omogenea ed equa.
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