Dipendente comunale licenziata a Venezia, portava a spasso il cane
Da Redazione
Agosto 28, 2017
Invece di lavorare, una dipendente di 62 anni usciva più volte durante l’orario di lavoro per svolgere commissioni personali, tra cui portare il cane a fare la sua passeggiata e visitare mostre d’arte durante l’orario di servizio: inevitabile per lei il provvedimento disciplinare, anche se i fatti risalgono al 2015.
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Venezia, licenziamento per una dipendente comunale
I furbetti del cartellino hanno le ore contate, lo avevano annunciato ed è stato messo in pratica. Una donna, dipendente del Comune di Venezia, è stata licenziata dopo la denuncia, risalente al 2015, per essere uscita più volte durante l’orario di lavoro senza opportuna segnalazione, per svolgere attività personali e non inerenti al servizio. Un episodio eclatante è senza dubbio quello di portare a spasso il cane mentre doveva essere nel posto di lavoro.
Furbetta del cartellino a Venezia
La fonte della notizia è il Gazzettino: la donna, di 62 anni, è stata colta in fragrante mentre portava la sua bestiola a fare la classica passeggiata. Dopo il patteggiamento, il contratto è stato portato a termine con il licenziamento, come prevedeva il procedimento disciplinare portato avanti dall’amministrazione municipale veneziana. La donna era inquadrata in un ufficio amministrativo della Polizia Locale e le sono state contestate molte violazioni.
Licenziata dipendente comunale, trenta ore di assenza ingiustificata
La donna 62enne e ormai ex dipendente comunale a Venezia non ha solo portato a spasso il cane per essere licenziata: le sono state contestate una trentina di ore di assenza ingiustificata dal lavoro e una decina di episodi tra marzo e maggio 2015. Periodo documentato con filmati e foto dei suoi spostamenti, in cui svolgeva commissioni personali, tra cui visitare una mostra d’arte sull’isola di San Giorgio Maggiore invece che stare in ufficio. E non mancano le polemiche, soprattutto per le lunghe indagini e le tempistiche bibliche, ma fonti del Municipio ci tengono a precisare che si è voluto fare una indagine approfondita prima di arrivare all’inevitabile provvedimento, nel quale è costato il lavoro alla donna.
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