Cosa ha causato il crollo di Bitcoin e le altre criptovalute
Da Redazione
Gennaio 17, 2018
Bitcoin, Ethereum, Ripple e le altre monete digitali hanno registrato crolli dopo annunci e politiche restrittive di Corea del Sud, Cina, Francia e Germania.
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Martedì nero delle e-currency, le cause
Il valore di Bitcoin è crollato del 18% nella giornata che è stata già battezzata il martedì nero delle criptomonete, raggiungendo così il suo valore minimo del 2018 dopo dodici mesi da record. Il motivo? La diffusione della notizia che la Corea del Sud potrebbe vietare il trading in criptovalute. Il crollo di Bitcoin, che alle 20 del 16 gennaio è scambiato a a circa 11 mila dollari circa, ha innescato di conseguenza una massiccia vendita su tutto il mercato delle crypto. Bitcoin Cash, il rivale di Bitcoin nato da una sua scissione, nel pomeriggio di martedì ha perso il 22%, scambiato a 2 mila dollari, Ethereum invece il 23% e scambiato a 1,1 mila dollari, Ripple, che è stata la moneta rivelazione del 2017 perché quella che ha permesso i guadagni più alti a chi li ha comprati, ha perso quasi un terzo del suo valore, scambiato a 1,3 dollari.
Cosa ha causato il martedì nero di Bitcoin
Il crollo è cominciato dopo che l’agenzia di stampa sudcoreana Yonhap ha riferito che il ministro delle Finanze Kim Dong-yeon aveva detto a una radio locale che il governo avrebbe proposto una serie di misure per reprimere la mania degli investimenti in criptovaluta, considerata del tutto irrazionale e pericolosa per i risparmiatori. Infatti, il governo della Corea del Sud aveva rivelato l’intenzione di vietare la compravendita di monete virtuali, anche se un piano preciso non era ancora stato definito. Ma quello che a Seul pensano di Bitcoin e delle altre criptovalute è piuttosto chiaro. E queste news hanno fatto intimorire non poco gli investitori, visto che la Corea del Sud è uno dei Paesi in cui si è diffusa più fortemente la cripto-mania, ed è arrivata già a 200mila firme la petizione per impedire al Governo di bloccare il mercato delle monete digitali.
Anche Francia e Cina contro Bitcoin
Ma non solo Corea del Sud: secondo quanto riportato dalla Reuters, il vice Governatore della banca centrale cinese, Pan Gongsheng le autorità dovrebbero vietare il trading centralizzato delle criptovalute. Il trading centralizzato è quello che si realizza attraverso piattaforme come Coinbase o Kraken, i canali dove più facilmente è possibile acquistare e vendere elettroniche. Le autorità cinesi hanno già vietato il trading dalle piattaforme di scambio, hanno limitato l’attività delle miniere di criptovalute, anche se lo scambio e le operazioni in Bitcoin proseguono attraverso canali alternativi. E adesso anche l’Unione Europea si muove contro le criptovalute: Dopo la decisione di Macron di portare il tema Bitcoin al G20 per tutelare i risparmiatori, la Francia ha annunciato un osservatorio internazionale sulle crypto in quanto potenziale pericolo per i cittadini. L’Europa appoggia in pieno, basta vedere l’approvazione della Direttiva contro il riciclaggio di denaro, che comunque non risulta essere sufficiente per mettere le redini alla nuova valuta, pensata per essere utilizzata anonimamente e senza l’intermediazione di istituti bancari.
Europa e leggi sulle criptovalute, cosa succederà
Alla fine del 2017, l’anno boom delle e-currency, diversi analisti finanziari e esperti di cripto hanno fatto diverse previsioni su quello che sarà il prezzo del Bitcoin e delle altre criptovalute. Tutti, o quasi, prevedevano un boom che l’avrebbero portata almeno a 50mila dollari. Ma il dubbio principale riguardava proprio il ruolo delle istituzioni e quello che avrebbero fatto, visto che finora il mercato delle criptomonete si è mosso in un regime di quasi totale anarchia. Un intervento legislativo è il peggior incubo di ogni moneta virtuale, e gli analisti che gufavano sullo scoppio della bolla crypto, ora, gongolano al profilarsi di questo scenario.
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