Psicosi isolata d’alta quota, la nuova scoperta scientifica
Da Redazione
Dicembre 21, 2017
Uno studio sul Psychological Medicine ha scoperto l’esistenza di una nuova sindrome, che scaturisce quando si scalano montagne e i cui sintomi non sono riconducibili ad altre patologie collegate all’alta quota. Chi frequenta la montagna è soggetto spesso ad episodi psicotici sofferti dagli alpinisti mentre scalavano le cime più alte del mondo, Tuttavia disturbi come sentirsi inseguiti, e allucinazioni di tipo acustico, ottico e olfattivo erano stati sempre collegati alle scarsità di ossigeno che caratterizza l’altitudine. In realtà non è così. Ci troviamo davanti la cosiddetta psicosi isolata d’alta quota
La «psicosi isolata d’alta quota»
Siamo invece davanti ad una nuova sindrome, la psicosi isolata d’alta quota, che non è collegabile ad altre patologie connesse all’altitudine e può comparire anche in un individuo sano. Pare che secondo l’esperimento fatto, gli esperti dell’Istituto di medicina di emergenza in montagna di Eurac Research di Bolzano e gli psichiatri della Medical University di Innsbruck, in Austria hanno riscontrato nei soggetti scelti tutti i sintomi descritti in ciascuno di essi, separandoli fra sindrome organica e non organica. «Con questo studio abbiamo evidenziato l’esistenza di un gruppo di sintomi puramente psicotici il che significa che sono sì collegati all’alta quota, ma che non possono essere riconducibili a cause facilmente spiegabili come un edema cerebrale o altri fattori organici, quali disidratazione, infezioni o malattie organiche» ha detto Hermann Brugger, direttore dell’Eurac Research.
Cosa causa la psicosi isolata d’alta quota
La psicosi isolata d’alta quota si manifesta sopra i 7.000 piedi e anche se al momento non è ancora chiaro cosa la causi, i ricercatori pensano che possa avere a che fare con la mancanza di ossigeno, lo stress psicologico e l’isolamento delle spedizioni o una combinazione di questi fattori. Quello che invece i ricercatori hanno intuito è che i sintomi scompaiono completamente e senza ripercussioni una volta che si scende a quote inferiori. Per quanto non nociva, essa va tenuta sotto controllo qualora le allucinazioni spingano un alpinista a modificare il proprio percorso.
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